giovedì 29 settembre 2011

La Vecchia Signora Aurelia - racconto breve


La vecchia Signora Aurelia se ne stava da giorni sdraiata nel suo letto. Noce scuro, sentore di naftalina e urina. Sentiva vicina la fine.
Ma qualcosa nel profondo le rodeva l’anima. Un’inquietudine. Una cosa che sola riusciva a tenerla aggrappata a questa vita.
Allungò la mano rattrappita e nodosa verso il comodino. Afferrò il campanellino  e lo scosse. Il tintinnio d’argento corse servizievole fuori dalla porta accostata, giù lungo le scale della grande villa, entrò in cucina e chiamò con la sua voce squillante la giovane Maria. La serva.
Maria attraversò le stanze della villa. Si fermò davanti alla porta. Si sistemò la cuffia sulla testa ed il grembiule. Pizzi bianchi, lavati a mano.
La Signora ha chiamato? chiese prima di aprire la porta.

Vieni bambina, disse la vecchia Signora Aurelia con la testa affondata nei morbidi cuscini di piume. Dalle imposte filtrava una sottile lama di luce polverosa. Nella semi oscurità gli antichi mobili della grande stanza sembravano le gargolle di pietra in agguato sul tetto della Cattedrale.
Maria si fece avanti e si accostò al letto in rispettosa distanza. Il capo chino in attesa degli ordini.
La bocca della Vecchia Signora Aurelia si mosse. Rughe profonde incise nella pelle. Cipiglio severo. La morte vicina.
Sai bambina, disse, per tutta la vita mi sono comportata come una donna del mio rango. Una nobile non aveva molte scelte, non era libera. Mai. Neanche da sola. Fui educata alle opere femminili. Allevata da una casata che riponeva in me alte aspettative. Sociali e morali. Io piegai il capo e mi sottomisi a queste imposizioni. Non conoscevo le alternative, non mi ponevo domande. Fui maritata con quello che si diceva un buon partito. Gli diedi un figlio. Ma qualcosa mi ha sempre resa inquieta. Un pensiero. Un segreto che tenevo nascosta persino a me stessa. A me piacciono le donne! Mi ritrovavo spesso a sbirciare le curve prosperose e i lembi di pelle sfuggiti sotto le gonne. Invidiavo i ragazzoni che si divertivano con le contadine, palpeggiandone i seni impudenti.
Ora sono vecchia e la morte è vicina. Una cosa ti chiedo. Avvicinati. Rimarrà un segreto tra noi e io tra poco non ci sarò più. Avvicinati. Fammi vedere cosa c’è sotto la tua gonna. La collana di perle nel porta gioie è tua. Avvicinati. Brava, alzati la gonna. Oh meraviglia! Allarga le gambe, fammi sentire. Cos’è questo? Ti sei bagnata, piccola sgualdrina? Oh Maria lasciati toccare. Anche gli anelli sono tuoi, prendili. Non ho mai sentito niente di più divino. Aurelia si leccò il dito. Mmh che sapore delizioso. Ora posso morire in pace.
La Vecchia Signora Aurelia si accasciò esanime sui cuscini. Maria si abbassò la gonna. Si sistemò il grembiule, stirandosi le pieghe con le mani.
Maria si chinò e guardò il volto della Vecchia Signora Aurelia, atteggiato in una disdicevole smorfia di piacere. Prese il lembo del lenzuolo e le coprì il volto. Poi uscì dalla stanza.
Aprendo la porta si trovò davanti il giovane prete del paese.
Sia lodato Gesù Cristo, disse lui
Sempre sia lodato.
Sono qui per l’estrema unzione.
Già fatto, Padre. Già fatto.
___
un racconto breve di AGO

2 commenti:


  1. Wow,che racconto che hai scritto AGO,sembrava una normale confessione,anvedi la vecchia,sotto sotto...
    Non è un certo un racconto erotico ma a momenti ci avviciniamo quasi e ho riso nel finale
    :-)

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    1. non bisogna reprimere gli istinti (finché non si fa del male...)

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